Momentum Vitae est meditatio


BENVENUTI, il mio progetto sul web nasce con l'intento di conservare e condividere

gli insegnamenti di Anapanasati e Vipassana al fine di affrancarsi dalla sofferenza esistenziale

con la guida di un insegnante autorizzato. Questo secondo la dottrina del Buddismo Theravada,

nella tradizione birmana di Sayagyi U Ba Khin, in memoria del suo allievo John Earl Coleman.

Tali insegnamenti sono preservati e perpetuati per il beneficio delle future generazioni,

per questo sono conservati con l’indicazione protettiva della perfezione, verità e devozione.

Tutte le nostre azioni sono dirette nello spirito del Damma.


WELCOME, my web project was born with the intention of preserving and sharing

the teachings of Anapanasati and Vipassana, in order to be free from existential suffering

with the guidance of a licensed teacher. This according to the doctrine of Theravada Buddhism,

in the Burmese tradition of Sayagyi U Ba Khin, in memory of his student John Earl Coleman.

Such teachings are preserved and perpetuated for the benefit of future generations,

for this reason they are preserved with the protective indication of perfection, truth and devotion.

All our actions are directed in the spirit of the Dhamma.


La Tecnica di Vipassana


La meditazione Vipassana è un'antica tecnica di purificazione fisica e mentale, sviluppata 2500 anni fa dal Buddha Gauthama e arrivata fino a noi, quasi integra, attraverso un lunghissimo lignaggio di Maestri e insegnanti (per esempio Sayagyi U Ba Khin e Mr.John Coleman). Questa tecnica è basata sull’insegnamento del Buddha (Dhamma o Dharma) cioè l’esperienza diretta al di là di qualsiasi credo dogmatico o religioso. Consiste nel confronto immediato con i nostri conflitti e atteggiamenti mentali, e riduce progressivamente la quota di sofferenza esistenziale, fisica ed emotiva, per mezzo dello sviluppo dell'insight (la Visione Profonda).

La meditazione consuma l’ignoranza che presiede a questi processi fisici e mentali, scoprendo la vera realtà, e ci lascia liberi di agire nelle relazioni umane, nel pieno coinvolgimento della vita, che in ultima sostanza è mutevole e transitoria. Questa tecnica è indirizzata all’ottenimento di una “mente pura” come il cristallo, e si divide in due fasi: la prima consiste nella pratica della concentrazione mentale, la seconda nell’osservazione diretta dei fenomeni fisici e mentali per mezzo della concentrazione raggiunta.
Cinque monaci in Inghilterra

Vipassana meditation is an ancient technique of physical and mental purification, developed 2500 years ago by the Buddha Gauthama and arrived to us, almost intact, through a very long lineage of Masters and teachers (for example Sayagyi U Ba Khin and Mr. John Coleman ). This technique is based on the teaching of the Buddha (Dhamma or Dharma) that is the direct experience beyond any dogmatic or religious belief. It consists in the immediate confrontation with our conflicts and mental attitudes, and progressively reduces the share of existential, physical and emotional suffering, through the development of insight (the Deep Vision).

Meditation consumes the ignorance that presides over these physical and mental processes, discovering the true reality, and leaves us free to act in human relationships, in the full involvement of life, which is ultimately changeable and transitory. This technique is aimed at obtaining a "pure mind" like crystal, and is divided into two phases: the first consists in the practice of mental concentration, the second in the direct observation of physical and mental phenomena by means of the concentration achieved.

Quanto tempo manca al prossimo ritiro intensivo?
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Le Quattro Nobili Verità


di ajahn Cha (1918-1992) della tradizione dei Monaci della Foresta Tailandese


Questo discorso è stato dato al Manjushri Institute of Cumbria, UK, nel 1977


Oggi sono stato invitato dall’abate a darvi un insegnamento, così chiedo a tutti voi di sedere in silenzio e calmare le vostre menti. A causa della barriera linguistica dobbiamo usare un traduttore, così se non applicherete la dovuta attenzione, potreste non comprendere.


Il mio soggiorno qui è stato molto piacevole. Sia il Maestro che voi, i suoi seguaci, siete stati molto gentili, tutti amichevoli e sorridenti, come si addice a coloro che praticano il vero Damma. La vostra proprietà, anche, è molto d’ispirazione, ma così grande! Ammiro la vostra dedizione nel rinnovarla per creare un posto adatto a praticare il Damma.


Sono stato un insegnante ormai da molti anni e ho attraversato la mia parte di difficoltà. Attualmente ci sono ­in tutto una quarantina di monasteri ramificati dal mio monastero, Wat Nong Ba Pong, ma anche in questi tempi ho discepoli che sono difficili da istruire. Alcuni sanno ma non si preoccupano di partecipare, alcuni non sanno e non provano a scoprirlo. Non so cosa fare con loro. Perché gli esseri umani possiedono menti come queste? Essere ignoranti non è così buono, ma anche quando glielo dico, loro ancora non ascoltano. Non so cosa fare di più. La gente è così piena di dubbi nella propria pratica, dubitano sempre. Vogliono tutti andare verso il Nibbana, ma non vogliono percorrere il sentiero. E’ sconcertante. Quando gli dico di meditare hanno paura, oppure se non hanno paura allora semplicemente si assopiscono. Per lo più gli piace fare cose che io non insegno. Quando qui incontrai il Venerabile Abate, gli chiesi com’erano i suoi discepoli. Lui mi disse che erano uguali. Questa è la difficoltà di essere un insegnante.


L’insegnamento che vi presento oggi è una via per risolvere i problemi nel momento presente, in questa vita attuale. Alcune persone dicono che hanno così tanto lavoro da fare che non hanno tempo di praticare il Damma. “Come possiamo fare?” loro chiedono. Io chiedo a loro: “Respirate mentre state lavorando?” “Si, naturalmente, respiriamo!” “Allora, come fate ad avere tempo per respirare quando siete così impegnati?” Loro non sanno cosa rispondere. “Se voi avete Sati (consapevolezza) mentre state lavorando, avete un sacco di tempo per praticare.” 


Praticare la meditazione è proprio come respirare. Mentre lavoriamo noi respiriamo, mente dormiamo noi respiriamo, quando stiamo seduti noi respiriamo … Come mai abbiamo tempo per respirare? Perché vediamo l’importanza del respirare, possiamo sempre trovare il tempo per respirare. Nello stesso modo, se vediamo l’importanza della pratica meditativa troveremo il tempo per praticare.


Qualcuno di voi ha mai sofferto? … Siete mai stati felici? … Proprio qui è la verità, è qui che devi praticare il Damma. Chi è che è felice? La mente è felice. Chi soffre? La mente soffre. Ogni volta che sorgono queste cose, ecco dove cessano. Avete mai sperimentato la felicità? … Avete mai sperimentato la sofferenza? … Questo è il vostro problema. Se conosciamo la sofferenza, la causa della sofferenza, la fine della sofferenza e la via che conduce alla fine della sofferenza possiamo risolvere il problema.


Ci sono due tipi di sofferenza: di genere ordinario e straordinario. La sofferenza ordinaria è quella inerente alla natura delle condizioni: stare in piedi è sofferenza, sedersi è sofferenza, sdraiarsi è sofferenza. Questa è la sofferenza inerente a tutti i fenomeni condizionati. Anche il Buddha sperimentò queste cose, egli sperimentò comodità e dolore, ma lui le riconobbe come condizioni naturali. Egli sapeva come superare queste sensazioni naturali di comodità e dolore attraverso la comprensione della loro vera natura. Poiché egli comprese questa ‘sofferenza naturale’ questi sentimenti non lo turbarono.


Il tipo importante di sofferenza è il secondo tipo, la sofferenza che si insinua dall’esterno, la sofferenza straordinaria. Se siamo ammalati possiamo avere bisogno di un’iniezione dal dottore. Quando l’ago penetra la pelle c’è del dolore che è solo naturale. Quando l’ago viene ritirato il dolore scompare. Questo è come il genere ordinario di sofferenza, non c’è problema, ognuno la sperimenta. Quella straordinaria è la sofferenza che nasce da quello che chiamiamo Upadana (combustibile, causa materiale, substrato che è la fonte e mezzi per mantenere attivo un processo attivo) l’afferrare le cose. Questo è come procurarsi un’iniezione con una siringa riempita di veleno. Questo non è più un genere ordinario di dolore, è il dolore che termina nella morte. Questo è simile alla sofferenza che nasce dall’afferrare.


Il punto di vista sbagliato: non conoscere la natura dell'impermanenza di tutte le cose condizionate, è un altro problema. Le cose condizionate sono il reame del Samsara. Non volere che le cose cambino – se pensiamo in questo modo, dovremo soffrire. Quando pensiamo che noi stessi siamo il corpo oppure che esso ci appartiene, ci spaventiamo quando lo vediamo cambiare. Consideriamo il respiro: una volta che entra deve andare fuori, essendo andato fuori deve ritornare ancora dentro. Questa è la sua natura, è così che riusciamo a vivere. Le cose non funzionano in quel modo. Ecco come sono le condizioni ma non ce ne accorgiamo.     


Supponiamo di perdere qualcosa. Se pensiamo che l’oggetto era realmente nostro, ci rimugineremo sopra. Se non possiamo vederlo come una cosa condizionata che va secondo le leggi della natura, proveremmo sofferenza. Ma se inspirate, potete vivere? Le cose condizionate devono in questo modo cambiare naturalmente. Accorgersi di questo è vedere il Damma, vedere Anicca, il cambiamento. Viviamo dipendenti da questo cambiamento. Quando sappiamo come stanno le cose possiamo lasciarle andare.


Praticare il Damma è sviluppare una comprensione del modo delle cose cosi che questa sofferenza non nasca. Se pensiamo in modo errato, siamo in contrasto con il mondo, con il Damma e con la verità. Supponiamo di essere malati e di entrare in ospedale. La maggior parte delle persone pensa: “Per favore non farmi morire, voglio stare meglio.” Questo è il modo sbagliato di pensare, conduce alla sofferenza. Voi dovete dire a voi stessi: “Se sono ricoverato, sono ricoverato, se io muoio, io muoio.” questo è il giusto modo di pensare, perché non potete – in ultima istanza – controllare le condizioni. Se ragionate in questo modo, se siete ricoverati o state morendo, non potete sbagliare, non dovete preoccuparvi. Voler stare meglio a tutti i costi e avere paura del pensiero di morire … questa è la mente che non comprende le condizioni. Dovreste pensare, “Se mi ripendo questo è buono, se non mi riprendo questo è buono.” In questo modo non possiamo sbagliare, non siamo impauriti o piangiamo, perché ci siamo sintonizzati con il modo nel quale stanno le cose.     


Il Buddha vide chiaramente. Il suo insegnamento è sempre rilevante, mai datato. Non cambia mai. Ai giorni nostri è ancora così, non è mai cambiato. Portando nel cuore il suo insegnamento possiamo ottenere la ricompensa della pace e del benessere. Negli insegnamenti c’è una riflessione sul ‘non-sé”: “Ascoltiamo questo tipo di insegnamento perché siamo attaccati all’idea del sé. Questa è la causa della sofferenza. Dovreste prenderne nota.”  


Oggi una donna mi ha chiesto come trattare la rabbia. Gli ho detto che la prossima volta che si arrabbia, di caricare la sveglia e mettersela di fronte. Poi di darsi due ore per far andar via la rabbia. Se era realmente sua la rabbia lei poteva probabilmente dirle di andar via in questo modo: “Tra due ore te ne andrai!” Ma il comando non è veramente nostro. Qualche volta non è ancora andata via in due ore, altre volte un’ora è bastata. Trattenere la rabbia come bene personale causerà sofferenza. Se davvero ci appartenesse dovrebbe obbedirci. Se non obbedisce significa che è soltanto un inganno. Non cadete per questo. Se la mente è felice o triste, non cadete per questo. Se la mente ama oppure odia, non cadete per questo, è tutto un inganno.


Qualcuno di voi è mai stato arrabbiato? Quando siete arrabbiati, vi sentite bene o male? Se vi sentite male, perché non gettate via quella sensazione, perché vi preoccupate di trattenerla? Come possiamo dire che siamo saggi e intelligenti se tratteniamo tali cose? Da quando siete nati, quante volte la mente vi ha ingannato sulla rabbia? Qualche volta la mente può portare un’intera famiglia al litigio, o causarvi il pianto tutta la notte. E ancora continuiamo a essere arrabbiati, tratteniamo ancora le cose e soffriamo. Se non vediamo la sofferenza, la teniamo un tempo indefinito, senza possibilità di tregua. Il mondo del Samsara è così. Se conosciamo il modo della Via, possiamo risolvere il problema.


Gli insegnamenti del Buddha affermano che non esiste migliore significato per superare la sofferenza che vedere come “questo non è il mio sé”, “questo non è mio.” Questo è il metodo più grande. Ma di solito non vi prestiamo attenzione. Quando sorge la sofferenza noi semplicemente piangiamo senza imparare da essa. Perché succede questo? Dobbiamo usare uno sguardo duro verso questi stati per sviluppare la Buddità, la qualità che conosce.


Prendete appunti, alcuni di voi possono non essere consapevoli che questo è un insegnamento del Damma. Vi sto dando un po' di Damma che non si trova nelle Scritture. Molte persone leggono le Scritture ma non vedono il Damma. Oggi sto dando un insegnamento che è fuori dalle Scritture. Alcuni potrebbero perdere il punto o non capirlo.


Supponiamo due persone che passeggiano insieme e vedono un’anatra e una gallina. Uno di loro dice: “perché questa gallina non è come l’anatra, perché l’anatra non è come la gallina?” Lui vuole che la gallina sia un’anatra e che l’anatra sia come la gallina. Questo è impossibile. Se è impossibile, allora anche se quella persona desiderasse che l’anatra fosse un pollo e che il pollo fosse un’anatra per il resto della sua vita, non accadrebbe, perché il pollo è un pollo e l’anatra è un’anatra. Fintanto che quella persona penserebbe così, soffrirebbe. L’altra persona potrebbe vedere che la gallina è una gallina e l’anatra è un’anatra, e questo è tutto. Non c’è problema. Egli vede nel modo corretto. Se vuoi che l’anatra sia una gallina e la gallina sia un’anatra, soffrirai davvero.


Nello stesso modo è la legge degli stati di anicca: tutte le cose sono impermanenti. Se vuoi che le cose siano permanenti, soffrirai. Ogni volta che l’impermanenza si manifesta, tu rimarrai deluso. Uno che vede queste cose per natura impermanenti, sarà facile e non vi sarà conflitto. Colui che vuole che le cose siano permanenti, avrà conflitti, potrebbe persino perdere il sonno. Questo vuol dire essere ignoranti su anicca, impermanenza, l’insegnamento del Buddha.


Se volete conoscere il Damma dove dovreste guardare? Dovreste guardare dentro il corpo e la mente. Non lo troverete dentro gli scaffali di una libreria. Per vedere realmente il Damma dovete guardare dentro il vostro proprio corpo e mente. Ci sono soltanto queste due cose. La mente non è visibile con l’occhio fisico, essa deve essere vista con “l’occhio della mente.” Prima che il Damma possa essere realizzato, dovete sapere dove guardare. Il Damma che è nel corpo, dev’essere visto nel corpo. Con che cosa guardiamo nel corpo? Guardiamo nel corpo con la mente. Non troverete il Damma guardando da qualsiasi altra parte, perché la felicità e la sofferenza insieme si manifestano proprio qui. Oppure, avete visto la felicità manifestarsi negli alberi? Oppure dai fiumi, o nel tempo (meteorologico)? Felicità e sofferenza sono sensazioni che nascono nei nostri corpi e nelle nostre menti.


Perciò il Buddha ci ha detto di conoscere il Damma proprio qui. Il Damma è giusto qui, dobbiamo guardare proprio qui. Il Maestro può dirvi di cercare il Damma nei libri, ma se pensate che questo è dove si trova realmente il Damma, non lo vedrete mai. Avendo guardato nei libri, dovete riflettere su quegli insegnamenti all’interno. Allora potete comprendere il Damma.


Parte 2°


Dove esiste il Damma? Esiste proprio qui, nel nostro corpo e mente. Questa è l’essenza della pratica contemplativa.


Quando facciamo questo, la saggezza sorgerà nelle nostre menti. Quando c’è saggezza nelle nostre menti, allora – non importa dove guardiamo – c’è il Damma, vedremo Anicca, Dukkha e Anatta per tutto il tempo. Anicca vuol dire transitorietà, Dukkha – se ci attacchiamo alle cose che sono transitorie noi soffriremo, perché non sono né noi, né le nostre (Anatta). Ma se non vediamo questo, le vedremo sempre come fossero noi stessi, appartenenti a noi. 


Questo significa che non vedete la verità della convenzione. Dovete comprendere le convenzioni. Per esempio, tutti noi seduti qui abbiamo dei nomi. I nostri nomi sono nati insieme a noi oppure assegnati in seguito? Capite? Questa è una convenzione. Una convenzione è utile? Certo è utile. Per esempio, supponiamo che ci siano quattro uomini: A, B, C e D. Devono avere tutti i loro nomi individuali per convenzione, per comunicare e lavorare insieme. Se vogliamo parlare con il Signor A, potremo chiamarlo e lui arriverà, non gli altri. Questa è la convenienza della convenzione. Però quando guardiamo in profondità nella materia, vedremo che là non c’è realmente nessuno. Vedremo la trascendenza. Ci sono solo terra, acqua, vento e fuoco, i quattro elementi. Questo è tutto quello che c’è in questo corpo.


Ma non lo scorgiamo in questo modo a causa del potere dell’attaccamento di Attavadupadana.

Se guardassimo chiaramente, vedremo che non c’è realmente molto di quello che chiamiamo una persona. La parte solida è l’elemento Terra, la parte fluida è l’elemento Acqua, la parte che fornisce calore è l’elemento Fuoco. Quando analizziamo le cose vediamo che c’è solo terra, acqua, vento e fuoco. Dov’è la persona da cercare? Non c’è.


Questo è il motivo perché il Buddha insegnò che non c’è pratica più elevata del vedere che “questo non è il mio sé e non mi appartiene”. Sono semplicemente convenzioni. Se comprendiamo ogni cosa in questo modo, con chiarezza, saremo in pace. Se nel momento presente realizziamo la verità dell’impermanenza - che le cose non sono il nostro sé oppure ci appartengono - allora quando si disintegrano siamo in pace con loro, perché non appartengono a nessuno in qualsiasi modo. Sono semplicemente gli elementi di terra, acqua, vento e fuoco.


Questo è difficile da vedere per le persone, ma anche così non è al di là delle nostre capacità. Se lo vediamo troveremo felicità, non avremo così tanta rabbia, avidità o delusione. Nei nostri cuori ci sarà sempre il Damma. Non avremo bisogno di rancore e gelosia, perché ognuno è semplicemente terra, acqua, vento e fuoco. Loro non sono niente più di questo. Quando accettiamo questa verità vedremo la Verità dell’insegnamento del Buddha.


Se vediamo la Verità dell’insegnamento del Buddha non avremo bisogno di così tanti insegnanti! Non sarà necessario ascoltare gli insegnanti ogni giorno. Quando comprendiamo, allora facciamo semplicemente cosa ci viene richiesto. Però cosa rende difficile insegnare alla gente è che loro non accettano l’insegnamento e discutono con gli insegnanti e con l’insegnamento. Davanti all’insegnante si comportano un po' meglio, ma dietro di lui diventano ladri! Insegnare alle persone è molto difficile. In Tailandia le persone sono come questi, ecco perché devono avere molti insegnanti.


Siate prudenti, se non lo sarete non vedrete il Damma. Dovete essere circospetti, prendere l’insegnamento e considerarlo bene. Questo fiore è bello? Vedete la bruttezza dentro questo fiore? Per quanti giorni sarà bello? Come sarà d’ora in avanti? Perché cambia in questo modo? Dopo tre o quattro giorni dovete prenderlo e gettarlo via, giusto? Ha perduto tutta la sua bellezza.

Le persone sono attaccate alla bellezza, attaccate alla bontà. Se qualunque cosa è buona, ci cascano completamente. Il Buddha ci dice di guardare alle cose belle soltanto come belle, non dovreste attaccarvi a loro. Se c’è una sensazione piacevole non dovremmo cascarci. La bontà non è una cosa sicura. Niente è certo. Non c’è niente al mondo che sia certo. Questa è la verità. Le cose che non sono la verità sono le cose che cambiano, come la bellezza. L’unica cosa che ha è nel suo continuo mutare. Se crediamo che le cose siano piacevoli, quando la loro bellezza sfuma anche la nostra mente perde la sua bellezza. Quando le cose non sono più buone anche la nostra mente perde la sua bontà. Quando sono distrutte o danneggiate noi soffriamo perché ci siamo aggrappati a loro come se fossero nostre. Il Buddha ci dice di guardare che queste cose sono semplici costruzioni della natura. La bellezza appare e in pochi giorni sfuma. Vedere questo è avere saggezza.


Perciò dovremmo vedere l’impermanenza. Se pensiamo che qualcosa sia bello, dovremmo dirci ‘non lo è’, se pensiamo che qualcosa sia brutto, dovremmo dirci ‘non lo è’. Provate a vedere le cose in questo modo, riflettete sempre in questo modo. Vedremo la verità dentro le cose non vere, vedremo la certezza dentro le cose che non sono certe.


Oggi sto spiegando il modo per comprendere la sofferenza, quello che causa la sofferenza, la cessazione della sofferenza e la via che conduce alla cessazione della sofferenza. Quando conoscete la sofferenza dovreste buttarla via. Conoscendo la causa della sofferenza dovreste rigettarla. Praticare per vedere la cessazione della sofferenza. Guardate Anicca, Dukkha e Anatta e la sofferenza cesserà.


Quando la sofferenza cessa, dove andiamo? Pratichiamo per cosa? Ci esercitiamo ad abbandonare, non con lo scopo di ottenere qualcosa. Questo pomeriggio c’era una donna che mi ha detto che sta soffrendo. Gli ho chiesto cosa vuole essere, e lei ha detto che vuole essere illuminata. Le ho detto “Più vorrai essere illuminata e più non sarai illuminata. Non cercare niente.”


Quando conosciamo la verità della sofferenza, noi gettiamo via la sofferenza. Quando conosciamo la causa della sofferenza allora noi non creiamo queste cause, ma invece pratichiamo per portare la sofferenza alla sua cessazione. La pratica che conduce alla cessazione della sofferenza è vedere che “questo non è un sé” “questo non è mio o di loro.” Vederla in questo modo permette alla sofferenza di cessare. Equivale a raggiungere la nostra destinazione e fermarsi. Questa è la cessazione. Questo è avvicinarsi al Nibbana. Mettendola in un altro modo: andare avanti è sofferenza, ritirarsi è sofferenza e fermarsi è sofferenza. Non andare avanti, non ritirarsi e non fermarsi … manca qualcosa? Il corpo e la mente si fermano qui. Questa è la cessazione della sofferenza. Difficile da capire, non è vero? Se diligentemente e costantemente studiamo questo insegnamento noi trascenderemo le cose e raggiungeremo la comprensione, ci sarà cessazione. Questo è l’insegnamento definitivo del Buddha, è il punto terminale. L’insegnamento del Buddha termina nel punto di totale rinuncia.


Oggi vi offro questo insegnamento, a voi tutti e anche al Venerabile Maestro. Se c’è qualcosa di sbagliato vi chiedo di perdonarmi. Però non abbiate fretta di giudicare se è giusto o sbagliato, soltanto ascoltatelo per prima cosa. Se io vi stessi dando un frutto, dicendo che è delizioso, voi prendereste nota delle mie parole senza credermi subito, perché non lo avete ancora assaggiato.

L’insegnamento che vi do oggi è uguale. Se volete sapere se ‘il frutto’ è dolce o aspro dovete affettarne un pezzo e assaggiarlo. Così assaggerete la sua dolcezza o la sua asprezza. Allora potrete credermi perché avrete provato di persona. Così, per favore, non buttate via questo ‘frutto’, tenetelo e assaggiatelo, provate da voi stessi il suo sapore.


Voi sapete che il Buddha non aveva un insegnante. Una volta un asceta gli chiese chi fosse il suo insegnante, e il Buddha rispose che non ne aveva uno. L’asceta andò via scrollando il capo. Il Buddha era stato troppo onesto. Stava parlando con uno che non poteva sapere o accettare la verità. Questo è il perché vi sto chiedendo di non credermi. Il Buddha ha detto che credere semplicemente agli altri è sciocco, perché dentro non c’è una conoscenza chiara. Questo è il motivo per il quale il Buddha disse “Non ho un insegnante.” Questa è la verità. Però dovreste guardare a questo dall’angolazione giusta. Se lo fraintendete, non rispetterete il vostro insegnante. Non andare dicendo ‘Non ho un insegnante’. Devi fare affidamento sul tuo insegnante per dirti cosa è giusto e cosa è sbagliato, e poi devi esercitarti di conseguenza.


Oggi è un giorno fortunato per tutti noi. Ho avuto la possibilità di incontrarmi con tutti voi e il venerabile maestro. Non dovreste pensare che abbiamo potuto incontrarci in questo modo perché viviamo così lontani. Penso che ci deve essere una qualche ragione speciale che ci abbia fatto incontrare in questa maniera. Non dimenticatelo. Ci dev’essere una qualche causa. Può darsi che in un’esistenza precedente fossimo fratelli e sorelle della stessa famiglia. Penso sia possibile. Un altro insegnante non venne, ma io l’ho fatto. Perché questo? Può darsi che stiamo creando le cause nello stesso momento presente. Anche questo è possibile.


Vi lascio con questo insegnamento. Che possiate essere arditi e diligenti nella pratica. Non c’è niente di meglio della pratica del Damma, il Damma sostiene il mondo intero. In questi giorni le persone sono confuse perché non sanno del Damma. Se abbiamo il Damma con noi saremo contenti. Sono felice di avere avuto questa opportunità di aiutare voi e il venerabile maestro nello sviluppo della pratica del Damma. Vi lascio con i miei più sinceri auguri. Domani partirò, non sono sicuro per dove. Questo è naturale. Quando c’è il venire dev’esserci l’andare, quando c’è l’andare dev’esserci il venire. Il mondo è così. Non dovremmo essere felicissimi o irritati dai cambiamenti nel mondo. C’è la felicità e c’è la sofferenza, c’è la sofferenza e c’è la felicità, c’è il guadagno e c’è la perdita; c’è la perdita e c’è il guadagno. Questo è il modo delle cose.


Al tempo del Buddha c’erano suoi discepoli ai quali Lui non piaceva, perché il Buddha gli esortava a essere diligenti, ad essere vigili. Coloro che erano pigri avevano paura del Buddha e si risentivano. Quando egli morì, un gruppo di discepoli pianse e furono angosciati del fatto che non avrebbero più avuto la guida del Buddha. Questi non erano intelligenti. Un altro gruppo di discepoli furono sollevati e lieti di non avere più il Buddha dietro le spalle che diceva loro cosa fare. Un terzo gruppo di discepoli furono equanimi. Essi considerarono che quello che nasce trascorre e se ne va come conseguenza naturale. C’erano questi tre gruppi. Con quale dei tre vi identificate? Volete essere uno di quelli che furono lieti o cosa? Il gruppo di discepoli che pianse quando il Buddha morì non avevano ancora realizzato il Damma. Il secondo gruppo furono quelli risentiti verso il Buddha. Lui gli proibiva sempre di fare le cose che desideravano fare. Loro vivevano nel timore del disprezzo e dei rimproveri del Buddha, perciò quando Lui morì furono sollevati. 


In questi giorni le cose non sono molto diverse. Probabile che l’insegnante qui abbia alcuni discepoli che sono risentiti verso di lui. Potrebbero non darlo a vedere esteriormente, ma è lì nella mente. È normale che le persone che hanno ancora contaminazioni si sentano in questo modo. Persino il Buddha aveva persone che lo odiavano. Anche io stesso ho discepoli risentiti verso di me. Dico loro di rinunciare alle azioni malvagie ma essi apprezzano le loro azioni malvagie. Così mi odiano. Ce ne sono tanti come questi. 


Che tutti voi, che siete intelligenti, possiate rendervi fermi nella pratica del Damma.


Fine


Traduzione dall’Inglese di Mario Amati

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